Il fine era, anzi è, quello di dare una sistemazione al già fatto per contribuire al fare. E la curiosità di chi indaga è del resto solo in apparenza fine a se stessa. Essa è soltanto l’altra metà della curiosità professionale, anzi proprio dell’ansia di produrre innovazione, caratteristica di chi opera. Infatti chi opera si attende dagli studiosi proprio una prognosi per il futuro. E chi ricerca va a cercarla proprio nel già fatto.
Con questo spirito mi sono approcciato alla conoscenza di Scilla Meccanica nel momento in cui, nel 2012, sono stato chiamato a dare un contributo professionale, come architetto, per la trasformazione di un’azienda proiettata verso il duro confronto con i mercati globalizzati del nuovo millenio.
Il logo: com’era
La prima iniziativa è stata proprio quella di osservare attentamente il logo esistente, indagando su quali fossero stati gli stimoli comunicativi che lo avevano originato, a prescindere dal personale giudizio sulla forza di impatto estetico emozionale.
Come per la maggior parte delle piccole aziende cresciute con l’urgenza del fare nel corso degli anni ‘80, l’identificazione attraverso un logo non rispondeva propriamente ad un’esigenza comunicativa ma, per lo più, rappresentava una sorta di orpello amministrativo per l’intestazione delle carte da lettera. Un segno distintivo, spesso stimolato dal commercialista, adattato agli usi più vari: dai documenti di trasporto delle merci al nastro adesivo per sigillare gli imballaggi.
Ciò che ho sempre percepito, nella cultura diffusa e spontanea delle piccole-medio aziende produttive bresciane, è la mancanza di un approccio identitario verso il proprio logo. Quel significato di appartenenza ideologica che dovrebbe spingere l’azienda a prendersene cura, a tutelarlo e a divulgarlo nel modo più opportuno e qualificato. Proprio perché esso rappresenta l’essenza stessa dell’identità aziendale: chi siamo, cosa facciamo, cosa ci distingue e quali valori ci spingono.
In genere, l’esercizio compositivo di un marchio in campo metalmeccanico si è sempre risolto nel logogramma più o meno elaborato dell’acronimo aziendale. Due o tre lettere puntate, tipicamente derivate dalle iniziali del nome del fondatore o dei cognomi dei soci.
Nel caso del pittogramma era invece solitamente esplicito il tentativo di tradurre graficamente il prodotto tipico o il processo trattati dall’azienda. Vi sono molti esempi di loghi, di aziende che operano nel campo della lavorazione dei metalli, che ruotano intorno al simbolismo elementare di trucioli, ingranaggi, viti, eliche, figure geometriche semplici etc..
Il logo originario di Scilla Meccanica non si discostava molto da questo approccio, ma gli ho riconosciuto un potenziale evocativo che andava esplorato, liberato e amplificato.
Si presentava come combinazione di un elemento logogrammatico - la scritta Scilla Meccanica - e di un elemento pittogrammatico: due serpentine sovrapposte a piani sfalsati che, suppongo, rimandavano al dinamismo delle bronzine nei sotto carri cingolati delle ruspe, piuttosto che ai rulli di un laminatoio. Forse anche ci si poteva vedere l’asportazione di truciolo. Ma ciò che conta, ciò che mi ha colpito e stimolato, è il dinamismo di questo dettaglio. Non appare statico. Purtroppo era stato concepito come semplice fattore decorativo: una sorta di tilde al di sopra di una scritta sproporzionata ed elaborata con un font ormai datato, associabile al gusto “neon” degli anni ’80 e ’90.
La scelta bicromatica suppongo fosse un esplicito riferimento al territorio bresciano. Bianco e azzurro è il gonfalone della città di Brescia.
Il vecchio logo di Scilla Meccanica, prima del 2012
Il logo: com’è diventato
Ci sono linee che sono mostri: la linea retta, la serpentina regolare, soprattutto due parallele. Quando l'uomo le applica, gli elementi le corrodono. I muschi e gli incidenti corrompono le linee diritte dei suoi monumenti. Una linea da sola non ha significato; ce ne vuole una seconda per darle espressione. Questo è un grande principio. Esempio: negli accordi musicali una nota non ha espressione. Due insieme fanno un tutto, esprimono un'idea.
Intuisco che la forza inespressa del logo può essere liberata sciogliendo la netta separazione dei due elementi: logogramma e pittogramma possono interagire per fare esplodere un valore evocativo straordinario.
La chiave di congiunzione sta nel nome: Scilla Meccanica.
Perché questa azienda si chiama così? Meccanica appare ovvio. Scilla, invece, da cosa prende origine? Questa è la domanda principale a cui bisognava rispondere, aprendo uno scenario per me davvero suggestivo.
Vengo a sapere che la scelta del nome Scilla è stato un omaggio alla rinomata località turistica, situata su un promontorio all’ingresso settentrionale dello stretto di Messina, in provincia di Reggio Calabria. Dopo un viaggio estivo giovanile, questa località è divenuta luogo del cuore del fondatore dell’azienda Franco Bezzi e di sua moglie Angelina.
Chi ha avuto la fortuna di conoscere questi luoghi, sa quanto fascino e quanto profumo di antiche culture si respira visitandoli. Sono appunto i luoghi della Magna Grecia: “Le origini sono antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini alimentate per millenni dalla suggestività dell'ambiente naturale” _Da Wikipedia, l'enciclopedia libera, Scilla (Italia), storia.
Da qui lo spunto evocativo:
Scilla è la ninfa della mitologia greca, trasformata per gelosia da Circe in un mostro marino con sei teste di cane e lunghe code di serpente.
Omero nell’Odissea, Ovidio nelle Metamorfosi e Virgilio nell’Eneide raccontano di questo mostro che, insieme a Cariddi, rappresentava un presidio pauroso per i naviganti nello stretto di Messina.
Può apparire un dettaglio superfluo, ma è stato sorprendente per me ricordare che il motivo della gelosia di Circe era stato l’amore del dio marino Glauco per la ninfa Scilla. Dal mio nome si può comprendere perché il tema mi ha molto appassionato.
Scilla mostro marino, placca di terracotta, di Melos.
460–450 a.C. - Londra, British Museum © Pubblico dominio
460–450 a.C. - Londra, British Museum © Pubblico dominio
Vista del promontorio di Scilla, proteso sullo stretto di Messina, con il castello Ruffo di Calabria
L’atto creativo è stato immediato: dare una connotazione zoomorfa al marchio Scilla Meccanica, trasformando l’inespressività metallica di tre bronzine allineate, nella potenza evocativa di una lotta marina tra due serpi.
L’ondulazione assume un doppio livello di lettura: le onde del mare in burrasca e i corpi sinuosi di due mostri aggrovigliati. L’evocazione del mito si fa esplicita ed emergono rimandi a valori, qualitativi e concettuali, che ritroviamo superbamente espressi in famosissimi marchi zoomorfi: si pensi alla potenza espressa dal cavallino Ferrari, all’energia supplementare del cane a 6 gambe di ENI, al senso di fiducia e sicurezza nel volo della cicogna di Lufthansa, l’agilità felina nel logo di Puma e tanti altri esempi.
Si manifesta dunque il grande principio, di Delacroix, della doppia componente armonica come necessaria espressione di un’idea: ecco l’intreccio ondulatorio di due serpenti che diventa poesia nella danza di due ballerini, oppure rudezza nella sfida tra duellanti. Rimandi metaforici alla capacità di un’azienda di accettare la sfida di un mercato in rapida trasformazione. Facendo della flessibilità, del dinamismo e del problem solving, le migliori espressioni di un servizio orientato a soddisfare i bisogni del cliente.
Il mare in tempesta ed i mostri hanno da sempre rappresentato le paure per l’ignoto. Le stesse paure per cui, secondo Plutarco, Gneo Pompeo si ritrovava ad esortare i suoi marinai, riottosi a salpare, con la celebre frase: “Navigare necesse est, vivere non est necesse”. Frase che, appunto, “tradizionalmente viene citata per indicare il disprezzo per le necessità contingenti e l'esaltazione di ideali ulteriori.” _Da Wikipedia, l'enciclopedia libera, Navigare necesse est, vivere non est necesse.
Così l’azienda Scilla Meccanica trova la sua spinta nel coraggio di evolvere, nel valore di una trasformazione orientata al miglioramento continuo delle tecniche e della conoscenza.
La rielaborazione del logo si conclude con il ridimensionamento delle proporzioni della scritta Scilla Meccanica, lasciandone prevalere il proprio peso evocativo e fungere da proscenio per il pittogramma.
Il font scelto è il Gill Sans. Un carattere senza grazie di tipo Humanist, concepito nel 1926 ma di gusto molto contemporaneo. Le esigenze di visualizzazione a schermo per il web hanno fatto prediligere l’utilizzo dei font Sans serif.
Il colore azzurro è stato reso più deciso adottando un blu RAL 5002. Un blu mare profondo, che omaggia le tradizionali tute blu del mondo metalmeccanico e supera il concetto di realtà provinciale, rifacendosi ad un’estensione territoriale più ampiamente rappresentata dalla bandiera blu dell’Unione Europea.
Per finire, il lavoro di team building intrapreso da Scilla Meccanica, che nel corso degli anni più recenti è diventato dogma imprescindibile per qualsiasi azienda orientata all’ottimizzazione dei processi, trova nella coniugazione di significato tra il logogramma e il pittogramma l’origine stessa della sua forza applicativa. Un team working simbolico che proietta il brand Scilla Meccanica oltre i confini del luogo e del mito.
Glauco Pigoli
architetto - project manager